Costruzioni evidenziali intersoggettive basate su verbi riferiti al destinatario

Il caso di vedi/vede/vedete+che

Intersubjective evidential constructions based on verbs referring to the addressee

The case of vedi/vede/vedete+che

Johanna Miecznikowski, Elena Battaglia, Christian Geddo

Università della Svizzera italiana (Lugano, Svizzera)

johanna.miecznikowskifuenfschilling@usi.ch, elena.battaglia@usi.ch, christian.geddo@usi.ch

https://orcid.org/0000-0002-1786-8151, https://orcid.org/0000-0002-8533-4477, https://orcid.org/0000-0002-0557-8181

Ricevuto il 30/9/2022, accettato il 20/1/2023, pubblicato il 5/4/2023 in base ai termini della licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

Come citare questo articolo

Miecznikowski, Johanna, Elena Battaglia, Christian Geddo 2023. Costruzioni evidenziali intersoggettive basate su verbi riferiti al destinatario. Il caso di vedi/vede/vedete+che. Studia linguistica romanica 2023.9, 88-118. https://doi.org/10.25364/19.2023.9.5.

Riassunto

L'esame di diversi corpora di italiano parlato mostra che le forme dell'indicativo presente di vedere+che regolarmente veicolano significati evidenziali, dalla percezione diretta all'esperienza ripetuta e all'inferenza basata su indizi visivi e non visivi. Ciò vale anche per le forme riferite al destinatario. Esse esprimono fonti intersoggettive grazie all'accezione generica della 2a persona singolare o grazie a implicature evidenziali che estendono il riferimento da un'esperienza del destinatario nell'interazione a un'esperienza condivisa della diade parlante-destinatario. Una caratteristica saliente degli usi intersoggettivi in situ è che il parlante rivendica per sé il primato epistemico. Tale pretesa è congrua con situazioni asimmetriche come p.es. l'interazione in classe, ma si riscontra anche in interazioni simmetriche, dov'è segno di un impegno persuasivo particolare del parlante.

Abstract

A study of various corpora of spoken Italian shows that present indicative forms of vedere+che regularly convey evidential meanings. These range from direct perception to repeated experience and inference based on visual and non-visual clues. This is true also of forms referring to the addressee. These express intersubjective sources by means of the generic reading of the 2nd person singular or by means of evidential implicatures. Such implicatures lead to an extension of reference from an experience made by the addressee during the interaction to an experience shared by the speaker-addressee dyad. A salient property of the latter's in situ intersubjective uses is that the speaker claims epistemic primacy. This applies to asymmetrical situations such as, for instance, classroom interaction, but also occurs in symmetrical interactions, where it emphasizes the speaker's persuasive commitment.

Indice

1 Introduzione
2 Dati e metodi
2.1 Corpora
2.2 Identificazione delle occorrenze
2.3 Annotazione e analisi
3 Le costruzioni vedere+che e i loro usi evidenziali: vista d'insieme
3.1 Forme del verbo vedere+completiva introdotta da che
3.2 M-performatività
3.2.1 Aspetti generali
3.2.2 Modalità e deissi temporale
3.2.3 Deissi personale e letture intersoggettive delle forme di seconda persona
3.3 Significati evidenziali delle costruzioni vedere+che
4 Vedi/vede/vedete+che come costruzioni evidenziali intersoggettive in situ
4.1 Verso un'analisi pragmatica dell'intersoggettività in situ
4.2 Fonti percettive e inferenziali in situ
4.3 Posizionamento epistemico e implicature evidenziali
5 Conclusione
Abbreviazioni e riferimenti bibliografici

1 Introduzione

[1] Nel presente contributo1 tratteremo gli usi evidenziali delle forme di vedere all'indicativo presente seguite da che+subordinata completiva, mettendo a fuoco in particolare le forme riferite al destinatario (= D).

[2] I verbi di percezione, e in particolar modo quelli di percezione visiva, tendono all'estensione metaforica e metonimica e assumono, nelle lingue del mondo, una gamma piuttosto ampia di significati (Viberg 1983; Sweetser 1990; Cacciari & Levorato 1991; Ibarretxe-Antuñano 2008; Johnson & Lenci 2011; San Roque et al. 2015; Szczyrbak 2019: 25-27). Ciò li rende mezzi lessicali versatili le cui costruzioni veicolano, fra l'altro, significati evidenziali. Questi sono legati alle fonti di informazione del parlante (= PAR) per p (= proposizione) (Aikhenvald 2004; Greco 2012) o, secondo la terminologia proposta da Boye (2012), sono funzionali alla giustificazione epistemica, sottodominio dell'epistemicità accanto al sottodominio del supporto epistemico, cioè dell'espressione di un grado di certezza a proposito di p. Secondo i casi, PAR presenterà la sua fonte per p, e un'eventuale valutazione della certezza di p basata su di essa, come soggettiva, ovvero accessibile solo a lui/lei stesso/a, o costruirà al contrario una fonte intersoggettiva condivisa da D o da una comunità più ampia (Nuyts 2001a: 34, 2001b: 393, 2012; Cornillie 2007: 24-25; Whitt 2011: 348; Boye 2018: 266). Le costruzioni con verbo di percezione visiva possono indicare vari tipi di fonti soggettive e intersoggettive (v. p.es. Aijmer 2004; Whitt 2010; Kendrick 2019 su see in inglese; Cornillie & Gras 2015; Kotwica 2017; Albelda Marco & Jansegers 2019; Estellés Arguedas & Albelda Marco 2020 su ver in spagnolo; Schuring & Dendale 2020 sulla costruzione francese à ce que je vois). Tali fonti non si limitano alla percezione visiva stessa, ma includono anche altri processi di acquisizione della conoscenza come la categoria più generica dell'esperienza diretta (direct evidence in Anderson 1986: 274; Willett 1988), l'inferenza basata su indizi visivi o comunque percepiti direttamente (circumstantial inference in Anderson 1986: 274-275, 284 e in Squartini 2008: 931, inferred in Aikhenvald 2004: 2, 393) oppure l'inferenza non basata su indizi percettivi (generic inference in Squartini 2008: 931, assumed in Aikhenvald 2004: 2, 391).

[3] Una costruzione con verbo di percezione, visiva o altra, può assumere un significato evidenziale a due condizioni (cf. anche Miecznikowski 2022: 13-14):

i.

Il verbo ha portata su una proposizione p asserita o ipotizzata da PAR. Con Lyons (1977: 443) e Dik & Hengeveld (1991) definiamo qui la proposizione come un'entità di terzo ordine che può essere giudicata vera o falsa.

ii.

La costruzione non è descrittiva, ma m-performativa nel senso che esprime una operazione di PAR su p nella situazione di enunciazione e non una percezione o operazione mentale di qualcun altro, o compiuta in qualche altro momento o mondo possibile.

La condizione (i) permette di escludere casi in cui il verbo di percezione non ha portata proposizionale – il processo da esso denotato non può essere indicatore di una fonte di p se manca p – e quelli in cui PAR riporta una percezione senza impegnarsi sul suo contenuto. Essa è simile alla condizione 3b formulata da Anderson (1986: 274) («Evidentials are not themselves the main predication of the clause, but are rather a specification added to a factual claim about something else», messa in evidenza dell'autore), ma rimane più vaga sulla gerarchia discorsiva tra p e l'indicazione della fonte. Quando si tratta di identificare marche evidenziali basate su verbi di percezione, e in generale segnali discorsivi deverbali (Schneider 2020), in uno stadio avanzato di grammaticalizzazione (che qui non scindiamo dalla pragmaticalizzazione; cf. Hopper & Traugott 2003 [1993]; Rossari, Ricci & Spiridon 2009), sembra cruciale la perdita della funzione rettrice del verbo alla quale allude Anderson (1986). Tuttavia, come Anderson (1986: 276) stesso osserva, in uno stadio poco avanzato dello sviluppo del significato evidenziale è 'molto sottile' la distinzione tra strutture a due proposizioni – quella contenente il verbo e quella nella sua portata – e strutture riducibili a un'unica proposizione con operatore evidenziale («The differences between perception verbs [...] and evidentials [...] are at first very subtle», messa in evidenza nostra). Nell'indagine su corpus che proporremo, che complessivamente riguarda costruzioni a basso grado di grammaticalizzazione, preferiamo perciò evitare di dover fare questo discrimine; (i) insiste sull'impegno assertivo (forte o debole) di PAR su p e non sul carattere di mero operatore del verbo di percezione.

[4] Il termine di m-performatività usato in (ii) è stato proposto da Nuyts (2001a: 40), per il quale indica «the speaker's current attitude towards the state of affairs» ovvero «a mental act of evaluation of a state of affairs». Nuyts (2001a) usa la nozione per descrivere innanzitutto la modalità epistemica, per esempio l'uso di verbi del pensiero (I think ecc.) per esprimere giudizi sulla certezza di una proposizione (il supporto epistemico, secondo la terminologia di Boye 2012). La nozione di m-performatività si applica però facilmente anche all'ambito dell'evidenzialità, sia grammaticale, sia lessicale. Ha un significato intuitivo quando descrive costruzioni con verbi percettivi, di pensiero o del dire riferite a PAR nel momento dell'enunciazione (mi pare, ricordo, vedo/si vede, dice2/dicono ecc.). In queste, l'esperiente previsto del frame semantico del lessema viene a coincidere con, o include, PAR che sta invece al centro del frame evidenziale (Miecznikowski 2020: 45-47), cioè della struttura concettuale dell'atto mentale di associare p a una fonte. In questo modo risulta soddisfatto il requisito deittico personale di (ii). Sul piano tempo-aspettuale, nel caso dell'evidenzialità, molto più che non in quello della modalità epistemica, non vi è di solito coincidenza perfetta tra il processo denotato dal verbo e l'operazione evidenziale compiuta nel momento del parlare, perché il primo (a dipendenza del tipo di fonte) può avere diverse strutture eventive, più o meno complesse, mentre la seconda è di natura puntuale. Per soddisfare (ii), è determinante che il momento del parlare venga incluso fra gli intervalli a cui la forma verbale si riferisce.

[5] Fra le costruzioni con il verbo italiano vedere, un significato evidenziale è stato attribuito a si vede+che (Pietrandrea 2005: 60-67, 104-105, 2007: 43), all'espressione parentetica come si vede (Miecznikowski 2015) e, assumendo dei processi di inferenza pragmatica, alla costruzione negativa non si vede/non vedo+interrogativa indiretta (Miecznikowski 2022). Si vede+che segnala un'inferenza intersoggettiva basata su indizi visivi o non visivi, che PAR valuta o come certa o come incerta. La certezza ridotta caratterizza gli usi più grammaticalizzati, che sono riconoscibili come tali perché non passibili né di negazione né di focalizzazione (1):

(1)

Mi hanno detto che lo zio ogni mattina va a nuotare. Si vede [che è di nuovo in forma]p. (costruito)

Quando invece il verbo costituisce il nucleo di una proposizione con proposizione p incassata, p è presentato come certo (2):

(2)

Si [vede]accento focale [che sei in forma]p. (costruito)

Come si vede, un'altra costruzione intersoggettiva, presenta p come compatibile con, o inferibile da, osservazioni nel contesto situazionale o (più spesso) proposizioni presenti nel cotesto discorsivo. P tende a essere valutato come certo. Ecco un esempio con delle premesse espresse nel cotesto precedente:

(3)

Guido ha molte assenze, è sempre in ritardo e risponde male all'insegnante. Come si vede, [non è un allievo modello]p. (costruito)

Non si vede/non vedo perché, come, cosa ecc., che si combina con un p di solito modalizzato mediante il condizionale o il congiuntivo, esprime il disaccordo e, grazie a un'interazione piuttosto complessa tra i significati lessicali e grammaticali dei vari elementi, alla quale si aggiungono delle implicature, acquisisce sul piano evidenziale una sfumatura inferenziale. Suggerisce che PAR ha delle ragioni per credere p, ragioni che sono spesso parzialmente esplicitate nel cotesto (Miecznikowski 2022: 21-23).

[6] Accanto a queste, è plausibile assumere che anche altre costruzioni all'indicativo presente di vedere esprimano significati epistemici ed evidenziali, anche se finora hanno ricevuto poca attenzione nella linguistica italiana. Tenendo conto delle condizioni (i) e (ii), buoni candidati sono le costruzioni riferite al parlante seguite da completiva introdotta da che, per esempio, analogamente all'esempio (2):

(4)

Vedo/vediamo [che sei in forma]p. (costruito)

oppure strutture come quella illustrata dall'esempio (5), con riferimento anaforico a un p immediatamente precedente, eventualmente sotto forma di costruzione distribuita su due turni (Pietrandrea 2018: 184):

(5)

Sei in forma. Lo si vede/vedo.

A: È in forma. – B: Lo si vede/vedo! (costruito)

[7] Inoltre, ricerche come quella di Kendrick (2019) suggeriscono che anche le forme riferite a D possano assumere dei significati evidenziali. In italiano, in effetti, oltre a (2) e (4) sono accettabili anche i seguenti:

(6)

Vedi che sei in forma. (costruito)

ed è ugualmente accettabile una variante con forma di 2a persona dell'esempio (3):

(7)

Guido ha molte assenze, è sempre in ritardo e risponde male all'insegnante. Come vedi/vede/vedete, [non è un allievo modello]p. (costruito)

Fra queste varie costruzioni italiane, ancora poco studiate, esamineremo qui, sulla base di un'indagine su corpora dell'italiano parlato, quelle seguite da completiva introdotta da che, con particolare attenzione alle forme riferite a D.

[8] Lavori esistenti descrivono degli usi parentetici della 2a persona di vedere come segnali discorsivi (Bazzanella 1995: 235-236; Ghezzi & Molinelli 2015; Fedriani & Ghezzi 2020), ma non considerano né la combinazione delle forme di 2a persona con la completiva introdotta da che, né possibili significati evidenziali. Più in generale, considerando anche altre lingue, le forme di 2a persona dei verbi di percezione sono considerate raramente in quanto espressioni evidenziali. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che esse pongono problemi peculiari. Soprattutto, non è immediatamente evidente come le forme di 2a persona, riferendosi a D, possano esprimere una fonte di informazione di PAR. In questo senso, pare necessario includere nell'indagine delle considerazioni non solo formali e semantiche, ma anche pragmatiche e concernenti i contesti d'uso tipici delle forme di 2a persona, cioè il dialogo e, in particolar modo, l'interazione orale.

[9] Nella nostra analisi, sosterremo che negli usi evidenziali di queste forme le fonti segnalate siano di carattere intersoggettivo, cioè includano sia D, sia PAR, e che nella loro costruzione giochino un ruolo importante le implicature (Grice 1975), sostenute da fattori pragmatici e contestuali come il posizionamento epistemico di PAR (epistemic stance; cf. Heritage 2012; Stivers, Mondada & Steensig 2011) e il modo in cui PAR e D si relazionano alla situazione spazio-temporale dell'interazione in corso. Presenteremo i corpora studiati e il modo in cui è stata condotta l'analisi (§ 2) e discuteremo in seguito l'insieme delle costruzioni con che rilevate (§ 3) e il sottoinsieme delle forme riferite a D, mettendo a fuoco la costruzione pragmatica di una fonte intersoggettiva (§ 4), per giungere a una breve conclusione (§ 5).

2 Dati e metodi

2.1 Corpora

[10] Nell'analisi sono stati usati tre corpora pubblicamente disponibili che documentano diverse varietà diatopiche e diafasiche dell'italiano parlato:

i.

Il corpus del Lessico dell'italiano parlato (LIP) (500000 parole, discorsi audioregistrati a Milano, Firenze, Roma e Napoli, De Mauro et al. 1993). L'abbiamo consultato tramite il sito BADIP, ormai disattivato; le trascrizioni rimangono disponibili sul sito VoLIP, completate da parte delle audioregistrazioni in forma digitale.

ii.

La parte italiana del corpus C-Oral-Rom (ca. 300000 parole, area di Firenze, consultabile tramite i dati e le applicazioni messi a disposizione nel CD incluso in Cresti & Moneglia 2005).

iii.

I moduli KIP e ParlaTO del corpus KIParla (Bologna, Torino, ca. 113 ore, 1125996 parole, Mauri et al. 2019), consultati nell'inverno 2021 tramite il sito web di KIParla e l'interfaccia NoSketch Engine incorporata.

Abbiamo esaminato passi aggiuntivi tratti dal corpus TIGR, in via di costituzione (v. la nota 1), che presenta il vantaggio di aggiungere l'immagine video alla traccia audio e la trascrizione.

[11] Negli estratti citati, abbiamo mantenuto le convenzioni di trascrizione dei corpora originali, pubblicamente accessibili. Nel caso dell'esempio (14), tratto dal TIGR, il parlato è stato trascritto secondo le convenzioni GAT 2 (Couper-Kuhlen & Barth-Weingarten 2011), mentre gli aspetti incorporati sono stati trascritti seguendo Mondada (2018).

2.2 Identificazione delle occorrenze

[12] In una prima fase dell'analisi sono state identificate delle forme del verbo vedere potenzialmente m-performative e seguite da una completiva dipendente da esse e introdotta da che. Per reperire le costruzioni è stata effettuata una ricerca automatica, mediante le applicazioni disponibili sui relativi siti/CD, di quelle forme dell'indicativo presente di vedere utili a esprimere un riferimento deittico a PAR, a D o a un insieme che li includa, cioè

-

la 1a persona singolare e plurale,

-

la 2a persona singolare e plurale,

-

la 3a persona singolare usata come forma di cortesia riferita a D,

-

la costruzione impersonale si vede,

seguite da che a una distanza di 0-3 parole. L'analisi si è concentrata sulle forme dell'indicativo presente perché particolarmente spesso impiegate in modo m-performativo. Sono state escluse le forme della terza persona riferite a persone non presenti all'interazione in corso, in quanto per definizione non m-performative a livello della deissi personale. L'ammissione di materiale linguistico frapposto fra il verbo e la congiunzione che ha permesso di includere nell'analisi alcuni casi in cui il verbo era modificato da avverbi o sintagmi preposizionali posposti. Seguendo la procedura descritta abbiamo ottenuto un totale di 270 occorrenze.

2.3 Annotazione e analisi

[13] In una seconda fase dell'analisi le 270 occorrenze identificate sono state annotate tenendo conto di una serie di parametri, fra i quali i seguenti sono pertinenti all'analisi presentata qui:

-

aspetti morfo-sintattici della costruzione (forma del verbo, +/- negazione, +/- presenza del pronome cataforico lo coreferente con p);

-

deissi (caratterizzazione aspettuale, collocazione temporale e modale dell'esperienza visiva, attribuzione del ruolo di esperiente a PAR, a D, a entrambi o a un'istanza generica);

-

l'impegno di PAR rispetto alla proposizione p dipendente dal verbo vedere;

-

il significato del verbo (cf. § 3.3).

[14] Sulla base dell'annotazione è stato analizzato il rapporto tra forme, deissi personale e significato e si è proceduti all'identificazione delle occorrenze m-performative, che sono in seguito state sottoposte ad analisi qualitative più approfondite.

3 Le costruzioni vedere+che e i loro usi evidenziali: vista d'insieme

3.1 Forme del verbo vedere+completiva introdotta da che

[15] Escludendo le forme della terza persona, che non possono esprimere la prospettiva né di PAR, né di D, abbiamo reperito 270 occorrenze delle forme dell'indicativo presente di vedere seguite da una completiva introdotta da che (tabella 1).

KIParla

LIP

C-Oral-Rom

Totale

vedo che (1sg)

27

21

7

55

vedi che (2sg)

36

20

8

64

vede che (3sg forma di cortesia)

9

2

0

11

si vede che (impersonale)

41

17

9

67

vediamo che (1pl)

4

16

0

20

vedete che (2pl)

34

16

3

53

Totale

151

92

27

270

Tabella 1: Distribuzione delle forme dell'indicativo presente di vedere nei corpora

[16] La frequenza complessiva delle costruzioni nei tre corpora varia secondo la dimensione di questi, con il minor numero (27) registrato nel C-Oral-Rom. Quanto alle persone del verbo, spicca la forma impersonale (67 occorrenze distribuite su tutti i corpora), confermando l'elevato grado di grammaticalizzazione di si vede che notato da Pietrandrea (2005, 2007) (cf. § 1). Sono presenti inoltre in tutti i corpora la forma della prima e della 2a persona singolare (rispettivamente 55 e 64 occorrenze). La distribuzione delle forme di cortesia vede e delle forme plurali invece varia più fortemente secondo il corpus, probabilmente a causa di fattori diafasici: vede richiede contesti dialogici formali, i plurali richiedono la partecipazione di ampi insiemi di persone come può darsi in certi contesti scolastici, politici e mediatici. Un dato particolarmente rilevante per il presente lavoro è che, sommando le forme della 2a persona singolare e plurale e della forma di cortesia, il numero delle costruzioni riferite a D (128) eccede di molto sia quello delle costruzioni di 1a persona (75), sia quello di si vede che (67, v. sopra).

3.2 M-performatività

3.2.1 Aspetti generali

[17] Coerentemente con le condizioni (i) e (ii) anticipate in § 1, per determinare la m-performatività di un'occorrenza abbiamo considerato l'impegno di PAR e la deissi. Consideriamo le forme di vedere come m-performative se

-

PAR esprime un certo grado di impegno sulla verità della proposizione p dipendente dal verbo;

-

la costruzione esprime la prospettiva di PAR nel momento dell'interazione, più precisamente se l'esperienza denotata è collocata nel mondo attuale (non un mondo possibile diverso da quello) nel momento in cui si parla (v. § 3.2.2) e se il ruolo di esperiente previsto dal verbo è attribuito a PAR, o a un insieme di persone che lo includa (v. § 3.2.3).

[18] Ricordiamo (cf. § 1) che le forme di vedere seguite da che possono fungere sia da operatori proposizionali, sia da verbi reggenti nuclei di una frase principale che danno luogo all'incassamento della proposizione p in una proposizione superordinata. Quanto all'impegno assertivo di PAR sulla verità di p, vedere+completiva si comporta come un verbo semi-fattivo, cioè un verbo che implica la verità di p in molti contesti (Karttunen 1971; Simons 2007; cf. Miecznikowski 2022: 14). Perciò il criterio dell'impegno di PAR può essere soddisfatto anche in usi di vedere che non considereremo come m-performativi. Con questo verbo, decisivi per l'attribuzione della m-performatività sono innanzitutto i criteri deittici, che permettono di determinare se l'esperienza visiva/cognitiva denotata dal verbo corrisponde alla prospettiva di PAR nel momento dell'interazione. È generalmente m-performativo per esempio l'uso di vedo+che riferito a PAR nel presente, ma non quello di X vede+che riferito a una terza persona, né del passato remoto vidi+che, riferito a un passato senza legami col presente.

[19] In italiano le forme dell'indicativo presente esaminate qui soddisfano i criteri modali e cronodeittici di m-performatività tranne quando compaiono in periodi ipotetici (v. l'esempio 11 discusso nel prossimo paragrafo) o si riferiscono agli eventi di un mondo narrato (presente storico, cf. Bertinetto 1997; Roggia 2011; v. anche l'esempio 10 nel prossimo paragrafo). Quanto ai requisiti della deissi personale, sono presenti evidentemente nelle forme di 1a persona e impersonali. Sosterremo che ai requisiti corrispondono anche quelle forme di 2a persona che nell'interazione orale contribuiscono a costruire una prospettiva condivisa tra PAR e D.

3.2.2 Modalità e deissi temporale

[20] Secondo l'annotazione realizzata, 249 sul totale di 270 occorrenze (92,2 %) denotano un'esperienza visiva e/o cognitiva collocata in un intervallo che coincide con il momento dell'enunciazione o lo include. Le percentuali delle occorrenze con queste proprietà cronodeittiche sono simili per tutte le persone del verbo, intorno al 95 %, tranne per le forme della 2a persona singolare, che mostrano un tasso di usi riferiti al presente più basso e, in corrispondenza, un tasso più alto di usi riferiti al passato o a una possibilità.

Presente

%

Possibilità/Passato

%

Totale

%

1sg

52

94,5

3

5,5

55

100

2sg

52

81,3

12

18,7

64

100

3sg (forma di cortesia)

11

100,00

0

0

11

100

impersonale

64

95,5

3

4,5

67

100

1pl

19

95,0

1

5,0

20

100

2pl

51

96,2

2

3,8

53

100

Totale

249

92,2

21

7,8

270

100

Tabella 2: Collocazione temporale/modale dell'esperienza denotata dal verbo

[21] Si considerino gli esempi seguenti di costruzioni impersonali e della 1a persona singolare, che illustrano diverse configurazioni semantiche sui piani tempo-aspettuale e modale:

(8)

Tatuaggi (ParlaTO, PTB023)

1

TOR007:

no ma poi: te l'ho detto sono in questa fase in cui: ho un po'

2

bisogno di::: ((sospira)) di: di vita vera: distante dal mio

3

microcosmo quindi (.)

4

cioè vedo che tu sei una persona ma si vede anche solo

5

esteticamente che sei una persona che ha ha preso tanto

6

da tante cose

7

TOI113:

esteticamen[te]?

8

TOR007:

[beh] sì c'hai hai dei tatuaggi che comunque non

9

sono: la stellina

(9)

Commenti (KIP, BOA 3021)

1

BO156:

e:h ogni tanto vedo che commenti alla gente c(io)è (.) o

2

commenti sotto i commenti (.) [di altri] no,

3

BO157:

[sì]

4

BO156:

mi ricordo

(10)

Affitto (C-Oral-Rom, ifamcv02)

1

ANG:

<ma / anche secondo me / è meglio> prenderlo in affitto /

2

poi / oh / <se si vede che non ci si fa / gli si ridà> //

(11)

Monsignor Campeggi (KIP, TOD1015)

1

TO069:

n' altra cosa mi so' trovato l'altro giorno sempre con una x su cui

2

sto impazzendo per la treccani c'era un certo monsignor

3

insomma non si capiva chi era sto benedetto monsignor

4

ci stavo impazzendo [...] c'ho perso non avete idea

5

di quanto tempo a un certo punto, vedo che questa abbazia era

6

di un certo monsignor campeggi apro il file

7

e mi esce monsignor campeggi

Nell'esempio (8), l'esperienza denotata da vedo e si vede alla r. 3 ha luogo nel mondo attuale e in un intervallo dai confini poco precisi che include il momento di enunciazione. L'esempio (9) (Commenti) è simile, tranne che l'esperienza visiva sul piano aspettuale è costruita come iterata (ogni tanto, r. 1). In entrambi gli esempi, p è presentato come certo. Entrambi gli esempi soddisfano i criteri modali e cronodeittici della m-performatività.

[22] Al contrario, nell'esempio (10) lo stato di cose denotato dal verbo è collocato in un mondo non attuale proiettato, nel discorso, dalla congiunzione ipotetica se. Sia l'attualità dell'esperienza del vedere, sia l'impegno di PAR sulla verità di p sono sospesi e l'esempio non corrisponde al criterio modale della m-performatività.

[23] L'esempio (11), infine, illustra l'uso di vedo nel presente storico. L'esperienza visiva, o piuttosto di lettura, di PAR si configura come un evento in una sequenza narrativa di eventi verificatasi l'altro giorno (r. 1). Il presente storico, di carattere aoristico, denota la prospettiva del protagonista narratore in quel momento. Anche se PAR, con cui quel narratore coincide, considera sempre vero p nel momento del parlare e la fonte di p è, in ultima analisi, quella lettura fatta da PAR, non abbiamo ritenuto nel presente lavoro occorrenze come queste, perché il meccanismo evidenziale all'opera non è quello della m-performatività di una singola forma. Piuttosto, si tratta di una strategia evidenziale narrativa complessiva che (a) presenta l'intera storia come vera perché esperita direttamente da PAR nel passato, proprietà modale ed evidenziale che (b) è ereditata dal singolo enunciato (a un certo punto, vedo che questa abbazia era di un certo monsignor campeggi) e di conseguenza (c) permette di interpretare vedo come riferito a una percezione di PAR effettivamente avvenuta e la proposizione incassata p come acquisita tramite essa.

3.2.3 Deissi personale e letture intersoggettive delle forme di seconda persona

[24] Partendo dalle 249 occorrenze individuate nel paragrafo precedente, il requisito deittico riguardante l'attribuzione del ruolo di esperiente permette di distinguere le occorrenze m-performative (228), che attribuiscono quel ruolo a PAR o a un insieme che lo includa, da certe occorrenze non m-performative di 2a persona, che lo attribuiscono al solo interlocutore (21) (v. tabella 3).

Riferimento

solo parlante

Intersoggettività generica: parlante+altri

Intersoggettività in situ: parlante+interlocutore

solo interlocutore

Totale

1sg

52

52

2sg

12

31

9

52

3sg (forma di cortesia)

7

4

11

impersonale

59

5

64

1pl

10

9

19

2pl

43

8

51

Totale

52

81

95

21

249

Tabella 3: Deissi personale

A denotare in modo m-performativo un'esperienza del solo parlante e quindi soggettiva, nel senso di Nuyts (2001a, 2001b) (cf. § 1), sono tutte le 52 occorrenze della 1a persona singolare vedo riferite al presente, illustrate dagli esempi (8) e (9) discussi sopra.

[25] Sono invece intersoggettivi i casi (81 in totale) in cui l'esperiente è generico, cioè include PAR in un insieme più vasto. Ne fa parte la stragrande maggioranza delle occorrenze di si vede che (v. p.es. si vede nell'esempio 8), che a questo riguardo si conformano all'uso abituale della forma riflessiva impersonale per l'espressione del riferimento generico in italiano. Vi rientra inoltre circa la metà delle occorrenze di vediamo che e circa un quarto delle occorrenze di vedi che. L'estensione generica della 2a persona singolare, che rispetto alla forma riflessiva impersonale accentua maggiormente il coinvolgimento di D, è illustrata da una serie di forme (vedi, guardi, r. 5) nel seguente esempio:

(12)

Venaria (ParlaTO, PTD022)

1

TOI009:

la reggia di venaria è stata [rifatta:] ci sono

2

TOR001:

[mh mh mh mh]

3

TOI009:

tantissime cose che: gi- iniziano a girare a rigirare [i film]

4

TOR001:

[eh sì]

5

TOI009:

e vedi ogni giorno che girano film pubblicità su, che guardi in

6

tivù, vedi che le hanno girate a torino.

7

TOR001:

mh mh mh

TOI009 qui afferma che in seguito alla rivalorizzazione di certe zone di Torino molti registi scelgono di ambientare le proprie produzioni in questa città. Le forme generiche di 2a persona di vedere sottolineano l'accesso collettivo a questa informazione: il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, secondo delle modalità di acquisizione della conoscenza che esamineremo in più dettaglio nel prossimo paragrafo (§ 3.3).

[26] Un secondo tipo di intersoggettività si ha quando l'insieme degli esperienti si limita ai partecipanti all'interazione, cioè PAR e D. Nelle interazioni orali documentate dai tre corpora consultati, questo gruppo di occorrenze è il più numeroso, con un totale di 95 occorrenze sulle 249 occorrenze riferite al presente. Si tratta prevalentemente di casi in cui l'acquisizione di p dipende da fonti delle quali almeno certi elementi, nello specifico percezioni dirette nel momento di enunciazione o l'ascolto di enunciati immediatamente precedenti, sono presenti in situ e alla portata dunque sia di PAR, sia di D, ma non degli esterni. Sono passibili di questa lettura tutte le costruzioni esaminate tranne quelle della 1a persona singolare. Come si evince dalla tabella 3, essa domina nelle forme riferite a D, soprattutto nella 2a persona plurale, e si riscontra in circa la metà delle occorrenze della 1a persona plurale vediamo.

[27] La illustriamo con esempi dell'uso della 1a e della 2a persona plurale in contesti didattici:

(13)

Giornali (LIP, FC6)

1

L:

allora io ho_ preso come giornali La Nazione e L'Unità e

2

guardando

3

la prima pagina di questi due quotidiani ho_ notato diverse

4

differenze

((25 righe omesse: l'allieva L descrive i due giornali))

5

L:

eh vediamo che in entrambi eh i giornali il i[l

6

A:

[invece vedo che su

7

Repubblica

8

non c'è riga eh

9

L:

no

10

CORO:

è sottile

11

A:

ahah sì è sottile

(14)

Tabella (KIP, BOD1003)

1

BO092:

quando siete arrivati a tre punto zero nove vedete che la tabella

2

si ferma perché si ferma? si ferma semplicemente perché siamo

3

arrivati a zero quattro nove nove cioè manca un millesimo a

4

arrivare a zero cinque in totale zero cinque perché di qua

5

siccome è una probabilità ci deve stare a destra di quello

6

che vedete eh colorato in azzurro a destra ci deve star zero

7

cinque se andiamo all'infinito e a sinistra zero cinque

Nell'esempio (13), mentre un'allieva, L, descrive due giornali, La Nazione e L'Unità (rr. 1-5), la docente A prende il turno per aggiungere un'osservazione su un terzo giornale, La Repubblica (rr. 6-8), che è prima accettata da L e poi corretta da altri allievi della classe (r. 10). Sia L (r. 5), sia A (r. 6) usano vedere+che per indicare che le loro affermazioni sono basate sullo scrutinio visivo dei giornali; dal contesto si può infatti inferire che i giornali sono presenti in classe durante l'esercizio. La forma di 1a persona plurale vediamo indica l'accesso intersoggettivo all'informazione che L sta per presentare, mentre la docente A, scegliendo la forma di 1a persona singolare, non si impegna sulla partecipazione degli allievi alla sua osservazione, che difatti questi ultimi nel seguito smentiscono. Nell'esempio (14) il docente BO092 è impegnato nel commento di una tabella che legge insieme ai suoi studenti. Il commento combina la descrizione della tabella, nella quale oltre alle cifre troviamo sintagmi preposizionali spaziali (a destra, rr. 5, 6, a sinistra, r. 7), avverbi deittici di luogo (di qua, r. 4) e verbi di movimento (siete arrivati, r. 1, si ferma, r. 2, siamo arrivati a, rr. 2-3, manca […] a arrivare a, rr. 3-4, andiamo, r. 7), con la spiegazione delle proprietà descritte, caratterizzata da nessi causali (perché, rr. 2, 4) e il riferimento alle leggi matematiche sottostanti (rr. 4-5). La forma vedete è usata due volte, prima con portata proposizionale su una completiva introdotta da che (r. 1: vedete [che la tabella si ferma]p) e dopo con portata proposizionale su una costruzione predicativa ridotta con complemento predicativo dell'oggetto (quelloi chei vedete [∅i colorato in azzurro]p, rr. 5-6). Il verbo di percezione, insieme a quelli di movimento, partecipa alla costruzione verbale, descrittiva, di un percorso fatto in tempo reale dal docente insieme ai suoi ascoltatori, dove le forme della 1a e della 2a persona plurale si alternano e sembrano referenzialmente equivalenti; in questo contesto, vedete che (r. 1) accentua la prospettiva degli interlocutori, ma non esclude quella di PAR. Approfondiremo questo caso specifico di intersoggettività espressa dalle forme di 2a persona in § 4.

[28] Infine, in una minoranza di casi (21), le forme di 2a persona e della forma di cortesia attribuiscono il ruolo di esperiente al solo interlocutore. Poiché escludono l'accesso di PAR all'informazione, queste occorrenze non sono da considerarsi m-performative.

[29] Alcune di esse fanno parte del contenuto proposizionale e descrivono un'esperienza evidentemente non condivisa da PAR, che non si impegna neanche sulla proposizione risultante. La domanda a r. 3 nel prossimo estratto ne è un esempio:

(15)

Adattamento (ParlaTO, PTB_021)

1

TOI067:

quindi io mi adatto ai tuoi usi ai tuoi costumi

2

tu fai altrettanto se vieni qua invece non è così

3

TOR009:

in cosa vede che non non c'è quest'adattamento? alla: tradizione

4

TOI067:

mah le donne tanto per cominciare le musulmane continuano a

5

essere velate

[30] Un altro insieme di occorrenze non m-performative consiste in usi della 2a persona singolare come segnale discorsivo che sembra servire innanzitutto a dirigere l'attenzione di D verso un'informazione inaspettata. Anche qui le prospettive di PAR e di D divergono: PAR conosce p per vie che sono a priori precluse a D, la cui unica fonte per p è il discorso di PAR. Ecco un esempio:

(16)

Martedì (LIP, RB8)

1

B:

va bene alle nove e mezza perché vedi che il martedì arrivo pure

2

in anticipo perché ce la faccio il martedì

Durante una conversazione telefonica in cui si pianifica una riunione, la parlante B annuncia che arriverà in anticipo il martedì, previsione basata certamente sulla conoscenza del programma delle proprie attività. Vedi invita l'interlocutrice a prenderne atto, mantenendo una distinzione netta a livello di fonti di informazione (il programma delle proprie attività per B, il discorso di B per la sua interlocutrice) e di impegni assertivi (B si posiziona come sola responsabile di p).

3.3 Significati evidenziali delle costruzioni vedere+che

[31] Nel nostro corpus, gli usi m-performativi di vedere+che si riferiscono sempre a un processo di acquisizione di conoscenza e, dunque, possiedono un significato evidenziale. Tali usi non veicolano mai un significato di visione mentale ('vedere davanti all'occhio mentale di qualcuno', 'immaginare', 'comprendere'), il quale manca della componente processuale di acquisizione di conoscenza e che può essere invece attribuito ad alcune occorrenze non m-performative come, per esempio, vedi dell'esempio (16).

[32] Quando vedere+che denota percezione diretta, lo stimolo esterno è generalmente visivo (anche se alcuni esempi presentano particolari forme di sinestesia). Nel nostro studio, tale categoria include la percezione di un particolare stato di cose, la percezione di strutture geometriche e la comparazione fra percezioni. Benché questi ultimi processi richiedano un certo grado di astrazione, essi sono da noi ricondotti sotto l'etichetta di percezione diretta perché si basano fortemente su stimoli sensoriali e non comportano l'attivazione di procedure inferenziali altre rispetto ai tipici processi percettivi di riconoscimento di schemi e categorizzazione. L'esempio (9) illustra questo significato.

[33] Un altro significato che risulta principalmente percettivo, ma che probabilmente implica un'elaborazione mentale più articolata rispetto alla pura percezione diretta, è l'interpretazione (essenzialmente visiva) di segni convenzionali complessi, quali diagrammi, tabelle e testi (in genere, ma non esclusivamente, di tipo scritto):

(17)

Grafico (KIP, TOC1004)

1

TO020:

però si vede chiaramente nel grafico che (.) passare (.) da qui a

2

qui è un conto, ma da qui a qui l'incremento è

3

[decisame]nte minore

4

TO019:

[sì sì sì sì.]

[34] L'inferenza basata su indizi visivi è illustrata dall'esempio (8) e dall'occorrenza di vedi a r. 6 dell'esempio (12) (per l'occorrenza a r. 5 dello stesso esempio v. infra). Nel primo caso, accanto all'immagine dei tatuaggi e al loro valore semiotico, altre premesse sono necessarie al fine di inferire, tramite ragionamenti dall'effetto alla causa, che tali tatuaggi sono il risultato di azioni deliberate compiute dall'ascoltatore (che ha preso da tante cose). Nell'esempio 12, un esperiente generico inferisce p (ossia che certi messaggi pubblicitari televisivi sono stati realizzati nella città di Torino) sulla base di alcuni indizi percettivi (vedendo i messaggi pubblicitari stessi, cioè con ogni probabilità i luoghi che vi sono raffigurati). Tali indizi devono essere interpretati nel quadro di un ragionamento che inferisce la causa dall'effetto.

[35] Quando vedere indica un'inferenza, ma le premesse necessarie per derivare p non sono costruite mediante percezione visiva, attribuiamo il significato di inferenza basata su indizi non-visivi. Esempi comunemente riscontrati nel corpus includono inferenze che da azioni compiute portano alle intenzioni a esse sottese, come nel caso seguente (indizio: il contenuto del messaggio scritto da X; p inferita: attitudini e intenzioni di X).

(18)

In bocca al lupo (KIP, BOA3021)

1

BO157:

mi aveva (.) perché: io quel giorno avevo l'esame: avevo un

2

esame lui alle sette di mattina mi ha scritto un messaggio

3

mi fa oh comunque in bocca al lupo per l'esame

4

BO156:

ah beh

5

BO155:

si vede che ci tiene

[36] Un ulteriore e ricorrente significato di vedere+che si basa, poi, sull'interpretazione – generalizzante e reiterata – del presente e si riferisce alla conoscenza che il parlante ha ottenuto mediante l'osservazione ripetuta di una serie di eventi, in un dato periodo di tempo, potendo così formulare un giudizio generalizzante. A titolo d'esempio, vedi ogni giorno che girano film (12, r. 5) si riferisce a un atto di percezione visiva che chiunque, inclusi parlante e ascoltatore, possono compiere in qualunque momento, tempo indeterminato che include il momento dell'interazione. Non solo per inferenza, dunque, grazie ai prodotti finiti, il parlante sa che molti film sono ambientati nella Reggia di Venaria, ma anche per esperienza diretta. Anche l'esempio (19, r. 5) illustra questo significato, che qui è però espresso dalla 1a persona singolare vedo e si presenta come genericamente esperienziale più che prettamente visivo. L'iterazione dell'esperienza è suggerita dalla constatazione di un'assenza di cambiamento (sono gli stessi, r. 6) per un periodo prolungato (da un po' di tempo, r. 6), che implica un paragone tra diversi momenti successivi:

(19)

Torino (ParlaTO, PTA012)

1

TOR001:

m::h pensi che torino sia cambiata molto negli ultimi anni?

2

TOI014:

penso che torino::: m:::h (.) non sia cambiata troppo nei pros-

3

in questi anni

4

TOR001:

ok[ay]

5

TOI014:

[per]ché vedo che:: i problemi: (.) del quale mi sto

6

lamentando io sono gli stessi da:: da un po' di tempo

7

la situazione lavorativa: i mezzi

[37] Infine, in contesti didattici, abbiamo osservato un particolare uso evidenziale della forma di 1a persona plurale vediamo. Durante presentazioni orali ed esami, infatti, vediamo è impiegato dagli studenti per categorizzare un contenuto asserito come facente parte di conoscenze comunemente note, eventualmente basate su fonti d'autorità, in senso pressoché equivalente a quello di lo sappiamo. Tale forma non possiede sfumature evidenziali connesse alla percezione diretta o all'inferenza, ma piuttosto risulta simile al sentito dire riferito a un sostrato di conoscenza condivisa:

(20)

Tebe (LIP, FC6)

1

P:

Demostene in aveva insomma a cioè aveva quest quelle

2

cosiddette idee filippiche cioè voleva schierarsi con i persiani

3

per combattere eh contro i macedoni

4

allora questa iniziativa vediamo che fu presa da Tebe e allora

5

A:

sì però stai parlando sai tante cose ma stai facendo uno sbaglio

6

tu devi parlare di Alessandro Magno mantienilo come soggetto

[38] La tabella 4 illustra la distribuzione dei diversi significati riscontrati per le forme di vedere qui esaminate. Sono evidenziate quelle frequenze assolute che risultano significativamente elevate rispetto a quanto prevedibile assumendo un quadro di distribuzione casuale (test di Fisher, p = 0,0004998).

Percezione diretta

Segni convenzionali

Inferenza (indizi visivi)

Inferenza (indizi non visivi)

Esperienza ripetuta

Discorso autorevole

non categorizzato

Totale

1sg

11

4

5

12

19

1

52

2sg

18

1

6

16

1

1

43

3sg (forma di cortesia)

1

1

5

7

Impersonale

9

2

7

42

4

64

1pl

4

4

3

1

7

19

2pl

13

12

5

13

43

Totale

56

24

23

91

25

7

2

228

Tabella 4: Significati evidenziali nelle forme m-performative del corpus

Si nota per esempio la preferenza della forma probabilmente più grammaticalizzata, si vede+che, per le inferenze senza indizio visivo, un significato astratto distante da quello percettivo, e l'attrazione tra la 1a persona singolare e il significato dell'esperienza diretta ripetuta, che con vedere sembra dunque costruita perlopiù come soggettiva. Inoltre la tabella mostra una certa preferenza delle forme di 2a persona per la percezione diretta, non ripetuta, e la lettura di segni convenzionali, con un'asimmetria tra le forme del singolare e del plurale riconducibile certamente a una variabile diafasica: infatti le prime si riscontrano soprattutto nelle conversazioni informali, con una grande varietà di fonti percettive disponibili in situ, mentre le seconde sono tipiche dell'interazione in classe, dove fra gli stimoli percettivi visivi utilizzabili come fonti dominano testi scritti e grafici.

4 Vedi/vede/vedete+che come costruzioni evidenziali intersoggettive in situ

4.1 Verso un'analisi pragmatica dell'intersoggettività in situ

[39] Discutendo la deissi personale (§ 3.2.3) abbiamo constatato l'alta frequenza delle occorrenze m-performative intersoggettive di vedere+che che non sono generiche, ma limitate ai partecipanti all'interazione (intersoggettività in situ), nonché l'associazione piuttosto stretta tra questa interpretazione intersoggettiva e le forme riferite a D (2a persona e forma di cortesia). Quest'ultimo dato può apparire sorprendente, visto che queste forme esprimono convenzionalmente la sola prospettiva di D, e richiede una riflessione ulteriore sui meccanismi, evidentemente pragmatici e non solo semantici, che producono l'interpretazione intersoggettiva. Abbiamo anticipato che un fattore determinante è la disponibilità di fonti di informazione, o di loro elementi, nella situazione interattiva. In questo paragrafo partiremo da questa osservazione, approfondendo la questione del tipo di fonti e accennando al ruolo della multimodalità (§ 4.2), per interrogarci in seguito sulle specificità delle forme riferite a D per quanto riguarda il posizionamento epistemico di PAR e le inferenze pragmatiche in gioco (§ 4.3).

4.2 Fonti percettive e inferenziali in situ

[40] Come si può desumere dalla tabella 4 (§ 3.3), in circa la metà dei casi (46) di evidenzialità intersoggettiva alla quale partecipano forme riferite a D la fonte di informazione è la percezione diretta o l'interpretazione (soprattutto la lettura) di segni convenzionali. Negli usi non generici che ci interessano qui, in questi tipi di fonti un massimo di informazione, perlopiù visiva, è presente nella situazione interattiva stessa e, quindi, per i partecipanti è evidente che PAR vi accede facilmente, anche senza che ciò sia specificato esplicitamente. Non solo: queste costruzioni sono spesso accompagnate da mezzi, verbali e non, che suggeriscono l'orientamento percettivo di PAR verso lo stato di cose del quale si sta parlando. Tra i mezzi verbali, spiccano i deittici spaziali, che abbiamo rilevato nell'esempio (5) e ritroviamo nell'esempio seguente:

(21)

Mantella (ParlaTO, PTB015)

1

TOI051:

lei ha scelto: non il settecento, l'ottocento

2

[in prati]ca perché::: sono vestiti

3

TOR00:

[mh mh]

4

TOI051:

perché adesso qui ha la mantella sopra ma vedi che ha

5

una giacca anche lei lunga no:n [come il gia]rdiniere

6

TOR00:

[sì:]

7

TOI051:

ma lu:nga

Durante una intervista, l'intervistata TOI051 mostra e descrive una fotografia sulla quale si vede un costume di carnevale che ha fatto a mano per sua figlia (rr. 4-5, 7). Avvia la descrizione con un'affermazione introdotta dai deittici adesso e qui e prosegue con una affermazione un poco più astratta, comparativa, introdotta da vedi che. La costruzione evidenziale, che indica come fonte l'esperienza diretta, è parte integrante dell'attività di esibizione-descrizione, durante la quale l'attenzione sia della parlante, sia dell'interlocutrice è focalizzata sulla fotografia.

[41] Sempre la tabella 4 ci informa che l'altra metà delle occorrenze intersoggettive di forme riferite a D segnala fonti inferenziali. Anche in questi casi, negli usi non generici elementi importanti della fonte sono presenti nel contesto d'interazione, e cioè, secondo il genere di fonte, indizi percettivi, premesse enunciate nel cotesto, soprattutto in quello precedente, o entrambi i tipi.

[42] Si consideri l'esempio seguente, tratto da una conversazione in famiglia durante la quale MAR aiuta VIT a giocare a Mastermind nel ruolo di codificatore:

(22)

Posto giusto (C-Oral-Rom, ifamcv09)

1

MAR:

qua / invece / adesso / il bianco ce n'è // &quan [/] quanti ce n'è ?

2

VIT:

uno //

3

MAR:

uno /

4

VIT:

<uno> //

5

MAR:

[<] <e devi> vedere a [///] se è &al + sì / ma devi vedere /

6

se è al posto giusto //

7

VIT:

no // <qua è uno> //

8

NIC:

[<] <eh eh eh> //

9

MAR:

e [/] e vedi che è al posto giusto //

10

VIT:

mh //

11

MAR:

hai visto che + &guar [///] lo vedi ? coincide / il posto //

12

è lo stesso posto // quindi / gli devi mettere nero //

Il giudizio vedi [che è al posto giusto]p (r. 9) è basato su varie premesse, che insieme formano un ragionamento che il verbo indica come fonte. Alcune premesse sono implicite (in particolare la definizione di che cos'è un posto giusto in Mastermind), altre rappresentano stati di cose percepite visivamente nella situazione interattiva (il codice creato dal codificatore e i piolini scelti dal decodificatore nel tentativo sotto esame) e altre ancora sono esplicitate verbalmente da MAR (il paragone tra codice e tentativo, rr. 11-12). Per il funzionamento intersoggettivo della forma di 2a persona vedi è determinante il fatto che, nella situazione, è plausibile che non solo il destinatario VIT, ma anche il parlante MAR conosca le premesse. MAR infatti pare conoscere le regole del gioco (poiché si assume il ruolo di chi spiega tale gioco), ha un accesso percettivo alla situazione simile a quello di VIT e dimostra di conoscere anche le premesse date verbalmente, poiché è proprio MAR a formularle.

[43] Le costruzioni con vedere possono anche indicare un'inferenza basata su indizi percettivi non visivi (combinati con premesse implicite o esplicite). Il caso è illustrato in (23), estratto da una conversazione a tavola parte del corpus TIGR. Nel contesto precedente è discussa l'ora di arrivo dei ricercatori, evento che porrà fine alla registrazione in corso. Marica (MARI) introduce il tema, suggerendo di contattare il gruppo di ricerca per segnalare la fine della cena e sostenendo che sia già trascorso il tempo di registrazione concordato. Carola (CARO) annuncia poi di voler interpellare i ricercatori tramite messaggio telefonico: il suo turno, tuttavia, è proferito in sovrapposizione ad altri e la ricezione del messaggio non è ratificata da alcun destinatario. Dopo alcuni minuti suona il campanello (r. 3):

(23)

Campanello (TIGR, ev-04)3

1

MARC:

eh::: mh: (.) so stati carini-=perché io posso: in pausa

caro

>> guarda MARC--->

mari

>> guarda MARC--->

2

pranzo, e ho ap*profi~

amb

*((suono del campanello))--->

3

(0,2)%(0,3)$*(0,3)

amb

--->*

caro

-->%ruota testa e guarda MARI--->

mari

-->$guarda CARO--->

4

MARI:

eh, vedi, %$che son venuti a riti=[↑ah] ma hai manda[to:;]

caro

-->%ruota testa e guarda MARC--->>

mari

-->$guarda MARC--->>

5

MARC:

[oh]

6

CARO:

[↑sì.]

Il suono arresta il turno di Marcella (MARC, r. 2) e porta CARO e MARI a riorientare il loro sguardo, l'una verso l'altra. MARI poi produce un turno introdotto da vedi+che, nel quale esprime la conclusione di un ragionamento compiuto nel qui-e-ora dell'interazione. Nonostante l'interruzione dovuta a un'auto-correzione, il turno di MARI può essere ricostruito, guardando alla discussione precedente poc'anzi descritta, con l'espressione vedi [che sono venuti a riti*rare il materiale per la registrazione]p. Il suono del campanello è un indizio per l'arrivo di qualcuno, situazione tipica di circumstantial inference che è stata commentata da diversi studiosi (fra gli altri cf. Squartini 2008: 926-927). Nel caso sopra, lo stimolo sonoro è probabilmente stato notato da tutte le partecipanti, viste le loro reazioni, cioè l'auto-interruzione di MARC e il riorientamento degli sguardi di CARO e di MARI. Per inferire l'identità di chi è arrivato, sono poi necessarie ulteriori premesse implicite; in particolare, è probabile che MARI usi le premesse enunciate da lei stessa nella discussione immediatamente precedente, cioè il fatto che è trascorso il tempo di registrazione concordato, generando l'aspettativa di un arrivo imminente dei ricercatori.

[44] Ecco un altro esempio di vedi che inferenziale, questa volta senza indizi percettivi:

(24)

Cambiamento (ParlaTO, PTB015)

1

TOI051:

ah eravamo tre mila persone [adesso siamo] dieci mila

2

TOR007:

[mh mh]

3

TOI051:

perciò vedi che il cambiam[ento]

4

TOR007:

[qui a] brandi[zzo]?

5

TOI051:

[sì] che c'è stato

Vedi (r. 3) ha portata sulla proposizione p che il cambiamento [...] c'è stato (completiva alle rr. 3, 5, interrotta da una breve sequenza di riparazione sul comune di cui si parla). La costruzione evidenziale rafforza la connessione argomentativa, segnalata anche da perciò (r. 3), con la premessa enunciata subito prima a r. 1, che constata un numero diverso di abitanti in due momenti successivi e dalla quale p segue dunque per definitionem. Anche qui non ci può essere dubbio sul fatto che ai vari elementi della fonte accede non solo la destinataria TOR007 denotata dalla forma vedi, ma anche la parlante TOI051, autrice della premessa a r. 1 e parlante competente della lingua italiana che senz'altro conosce la definizione del termine comune cambiamento.

4.3 Posizionamento epistemico e implicature evidenziali

[45] Contrariamente a si vede che, e anche a certi usi extraproposizionali di vedo che, le forme di vedere riferite a D sono di solito fattive. PAR esprime dunque la sua certezza a proposito di p e attribuisce a se stesso/a le conoscenze necessarie per farlo. Si posiziona come K+ (K = knowledge 'conoscenza', Heritage 2012), segnalando che ha accesso epistemico a p (epistemic access, Stivers, Mondada & Steensig 2011: 9-13). Le costruzioni di 2a persona o con la forma di cortesia interpretabili in modo m-performativo hanno inoltre delle implicazioni epistemiche riguardanti il rapporto tra PAR e D. Usando il verbo di percezione per attribuire a D un processo di acquisizione di p, PAR potenzialmente penetra nel territorio epistemico (Kamio 1997) di D, che detiene la responsabilità di essere informato meglio di PAR rispetto al proprio vedere e inferire (epistemic responsibility, Stivers, Mondada & Steensig 2011: 9, 17-19). Secondo i casi, il riferimento all'acquisizione di p da parte di D può avere il carattere di una asserzione forte o di una ipotesi più debole che richiede una conferma da parte di D (cf. Miecznikowski, Battaglia & Geddo 2021: 12-15). Rimane comunque fondamentalmente una intrusione nel territorio epistemico di D. Complessivamente, sembra che PAR non solo si posizioni come K+ rispetto a p, in termini assoluti, ma rivendichi anche un primato epistemico sopra D (epistemic primacy, Stivers, Mondada & Steensig 2011: 9, 13-17), cioè un migliore accesso alla conoscenza di D, posizionamento potenzialmente problematico sul piano relazionale. Si aggiunge il fatto alquanto curioso che PAR, mentre tematizza l'acquisizione di p da parte di D e dunque attrae l'attenzione sulle prove a favore di p, tace delle proprie fonti, che a priori, e assumendo una certa vigilanza epistemica (Sperber et al. 2010) di D, appaiono altrettanto pertinenti. In una ottica griceana (Grice 1975), l'apparente reticenza circa le proprie fonti, notevole per contrasto con l'importanza data alle percezioni di D, rischia di infrangere la massima di quantità.

[46] Le proprietà delle costruzioni riferite a D appena discusse non sono irrilevanti per comprendere le inferenze pragmatiche che producono una loro interpretazione m-performativa intersoggettiva. Argomenteremo infatti che gli aspetti potenzialmente problematici stimolino un processo interpretativo volto a conciliare queste forme con il principio di cooperazione, dando luogo alla seguente implicatura: (a) assumendo una certa persistenza nel tempo degli elementi esterni del contesto situazionale (stimoli percettivi, memoria discorsiva) e una sovrapponibilità delle prospettive di PAR e di D, (b) D inferisce che PAR stesso/a ha acquisito p poco prima mediante l'esperienza denotata da vedere e sta rendendo D partecipe di questa esperienza. Questa implicatura risolve diversi problemi sollevati dalle forme riferite a D. Grazie all'assunto (a), è possibile attribuire a PAR l'autorità epistemica necessaria per pronunciarsi sulle percezioni e inferenze di D. Tale autorità è cruciale ed è sostenuta dai fattori che abbiamo messo in evidenza nei paragrafi precedenti (§ 3.2.3, 4.2), in particolare dall'osservazione del contesto situazionale complessivo, dall'uso della deissi, dagli indizi multimodali, dal discorso descrittivo osservato in alcuni casi, dalla condivisione verbale, argomentativa, di premesse in altri. Per esempio, nell'estratto (22), mentre MAR pronuncia vedi che è al posto giusto (r. 9), con ogni probabilità sta osservando il gioco e sta monitorando gli sguardi di VIT. Constatando la coincidenza del focus di attenzione di entrambi, MAR è in grado di inferire che cosa vede VIT, il che lo autorizza ad attribuire all'interlocutore quella percezione visiva (la posizione del piolino). Sulla base dell'interazione precedente, deve inoltre assumere che VIT condivida con lui la conoscenza delle regole del gioco, il che lo autorizza ad attribuire a VIT anche le conclusioni da trarre da quella percezione visiva (che la posizione del piolino osservata è il posto giusto). Nell'esempio (23), abbiamo messo in evidenza come i partecipanti tramite pratiche multimodali dimostrano un'attenzione allo stimolo sonoro del campanello che permette a MARI di assumere che le sue interlocutrici abbiano sentito il campanello e la autorizza ad attribuire loro tale percezione (mentre la condivisione delle ulteriori premesse necessarie per inferire p è problematica, in questo caso). Mediante l'inferenza (b), invece, D recupera dell'informazione sulle fonti di PAR per p, compatibile con il primato epistemico che PAR rivendica. È il cuore dell'implicatura evidenziale, che dà luogo appunto a una lettura intersoggettiva e può diventare la premessa di ulteriori inferenze sulle intenzioni comunicative di PAR. Nell'esempio (22) ricordato poc'anzi, (b) permette di concludere che MAR ha capito anche lui, e alquanto prima di VIT, che il piolino è al posto giusto. Anche nell'esempio (23), (b) suggerisce che MARI, prima di attribuire alle interlocutrici l'inferenza innescata dal suono del campanello, l'abbia già fatta lei stessa.

[47] A questo proposito è utile considerare il posizionamento epistemico anche dal punto di vista dei generi di situazione e dei ruoli e status epistemici (Heritage 2012) che essi implicano. Le costruzioni intersoggettive esaminate qui compaiono, da un lato, in situazioni caratterizzate da forte asimmetria epistemica: abbiamo trovato le forme riferite a D per esempio nei discorsi di persone intervistate su temi di propria competenza (3, 12, 15), di docenti (soprattutto la 2a persona plurale, v. (5)), di chi spiega un gioco a un novizio (13). Il vantaggio epistemico di PAR su D è allora congruo con la distribuzione asimmetrica della conoscenza prevista dal genere di attività. L'atto di PAR di rendere D partecipe di una sua esperienza di acquisizione di p che ha fatto subito prima, durante l'interazione in corso, ha delle funzioni didattico-dimostrative. La penetrazione nel territorio epistemico dell'altro garantisce la sua partecipazione attiva, permettendogli di compiere un percorso per arrivare a p, piuttosto che di accettare p sulla base della sola autorità di PAR. Si noti che in questi contesti PAR ha spesso delle fonti aggiuntive non condivise da D, come l'esperienza diretta nel passato che ha l'intervistata negli esempi (12) e (15), oppure, nel caso dei/delle docenti, le conoscenze accumulate nella propria disciplina, certamente più ampie di quelle rese disponibili agli allievi nella situazione attuale. Le costruzioni con vedi/vede/vedete+che permettono di lasciare sullo sfondo quelle conoscenze pregresse per focalizzarsi su quelle condivise in situ.

[48] Dall'altro lato, le costruzioni esaminate sono compatibili con situazioni di competizione epistemica, cioè il posizionamento K+ di PAR incontra una pretesa simile da parte di D, per esempio in conversazioni informali fra amici. Si rimanda ancora all'esempio (23), sopra esaminato. Nell'inferenza basata su indizio percettivo (il suono del campanello), la pretesa di primato epistemico della parlante MARI si fonda sul fatto che l'inferenza attuale sembra confermare la previsione che lei stessa ha fatto pochi minuti prima (per questa funzione inferenziale-confermativa si veda anche Miecznikowski, Battaglia & Geddo 2021:14, nonché Kendrick 2019 a proposito dell'inglese see). In contesti globalmente non asimmetrici come questi, il coinvolgimento di D ha allora finalità non tanto didattiche, ma persuasive; PAR si espone però al rischio della contestazione. Nel caso specifico, possiamo osservare come MARI prevenga tale contestazione tramite un'autocorrezione. Si interrompe, infatti, e recupera una possibile causa dell'arrivo dei ricercatori che non aveva considerato prima – il fatto che CARO poteva aver mandato un messaggio ai ricercatori per interpellarli – chiedendone conferma a CARO, che detiene primariamente la conoscenza di questa informazione. Mentre lascia intatta p (sono arrivati i ricercatori), MARI corregge i nessi causali implicati, annulla il suggerimento di aver fatto una previsione corretta prima e rinuncia al primato epistemico rivendicato tramite vedi che, mostrandosi attenta al rapporto con l'interlocutrice in un contesto in cui il suo primato epistemico è precario.

5 Conclusione

[49] In questo contributo abbiamo mostrato che nell'italiano parlato non solo la più nota costruzione impersonale si vede+che, ma anche le forme di 1a e 2a persona seguite da subordinata completiva regolarmente veicolano significati evidenziali.

[50] Abbiamo combinato parametri deittici con criteri riguardanti la portata proposizionale del verbo e l'impegno del parlante per distinguere usi m-performativi e usi descrittivi delle costruzioni di vedere+che in diversi corpora di italiano parlato. L'analisi mostra che la maggioranza delle occorrenze ha un significato m-performativo, che risulta essere sempre di carattere evidenziale. Abbiamo in seguito esaminato i tipi di significati, dall'evidenzialità diretta e in particolare visiva (singolare o ripetuta) alla percezione diretta combinata con l'astrazione e il ragionamento, alle inferenze senza alcun indizio percepito direttamente. La distribuzione dei significati mostra delle interessanti correlazioni con le varie forme del verbo, suggerendo l'esistenza di una serie di costruzioni evidenziali distinte caratterizzate da associazioni forma-funzione preferenziali – un aspetto che meriterebbe di essere indagato ulteriormente, per esempio in riferimento alla grammaticalizzazione e in prospettiva interlinguistica.

[51] Fra le varie costruzioni, abbiamo indagato in più dettaglio quelle riferite a D, cioè quelle con forme di 2a persona vedi e vedete e con la forma di cortesia vede. L'analisi semantica e pragmatica di queste costruzioni nei loro contesti d'uso rivela due loro proprietà ricorrenti:

-

Intersoggettività. Molto spesso esse segnalano un'esperienza di acquisizione della conoscenza condivisa, o parzialmente condivisa, tra D – al quale si riferiscono esplicitamente – e PAR. Tale esperienza intersoggettiva può essere di natura generica o sorgere in situ, coinvolgendo i soli partecipanti all'interazione, che accedono in modo simile a indizi presenti nel contesto spazio-temporale o nel cotesto precedente.

-

Primato epistemico. Nel caso dell'intersoggettività in situ, in modo molto regolare le costruzioni con forme riferite a D segnalano un primato epistemico di PAR sopra D, che riguarda non solo l'informazione p, ma anche le modalità di accesso a p, focalizzate tramite il verbo vedere. Il più delle volte questa pretesa è congrua con una distribuzione asimmetrica dei ruoli prevista dal genere di attività in corso, ma può anche condurre alla competizione con D sul piano epistemico.

La pretesa di primato epistemico deriva dall'espressione di un alto grado di certezza di p e dall'attribuzione a D di un'esperienza percettiva e/o mentale, due aspetti codificati convenzionalmente dalle costruzioni riferite a D. Quanto all'intersoggettività, la lettura generica è senz'altro convenzionalizzata; quella in situ, invece, sembra il risultato di implicature stimolate da una ricerca volta a recuperare le fonti di PAR, ricerca innescata, a sua volta, proprio dal fatto che PAR pretende il primato epistemico, ma tace le proprie fonti.

[52] Si ha l'impressione che tutti gli usi delle costruzioni riferite a D nel momento dell'enunciazione e non passibili di interpretazione generica inneschino il tentativo di recuperare le fonti di PAR. Pare difficile usare vedi/vedete/(lei)vede che p senza dirigere l'attenzione verso il co- e contesto per risalire alla fonte dell'autorità epistemica rivendicata. L'esito, però, di questo processo inferenziale dipende proprio dal co- e contesto, che può favorire un'interpretazione pienamente intersoggettiva, parzialmente tale (con focalizzazione degli elementi condivisi in situ e un accesso esclusivo di PAR a elementi aggiuntivi) o che è caratterizzata da una separazione piuttosto netta delle modalità di accesso a p, come in (7). Quando l'esito è intersoggettivo, è possibile una (ri)analisi semantica delle costruzioni che estende il riferimento dal solo D alla diade PAR-D o all'insieme dei partecipanti all'interazione, paragonabile all'estensione del riferimento nel caso degli usi generici. Se avvenga una tale rianalisi e quanto sia eventualmente convenzionalizzata – preludendo a una grammaticalizzazione della costruzione come marca intersoggettiva evidenziale – non può essere accertato sulla base dell'indagine sincronica su corpus che abbiamo condotto. Possiamo però dire con certezza che nei dati di italiano parlato esaminati i casi compatibili con un'interpretazione intersoggettiva sono nettamente più frequenti di quelli riferiti unicamente a D (cf. tabella 3) e che dunque le costruzioni intersoggettive in situ con forme riferite a D rappresentano almeno una strategia evidenziale pragmatica ricorrente.

[53] Per sviluppare questa linea di indagine sarebbe utile confrontare l'uso seguito da completiva con le forme di 2a persona di vedere in altri cotesti sintattici (v. p.es. quelli menzionati nell'introduzione), con forme di altri verbi di percezione riferite a D, come p.es. le esclamazioni guarda, p!, senti quanto/che p!, oppure con forme di verbi di pensiero come capisci che p – costruzioni che paiono piuttosto frequenti e in cui si potrebbero riscontrare implicature simili a quelle discusse qui. Le implicature evidenziali, una classe di implicature senz'altro più ampia e variegata, meritano poi interesse più in generale, non solo come possibili punti di partenza dei processi di grammaticalizzazione, ma anche come manifestazione ricorrente della categoria fonte di informazione nel discorso.

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1 L'analisi qui descritta è stata condotta nel quadro del progetto di ricerca La categorizzazione delle fonti di informazione nell'interazione faccia a faccia: una indagine basata sul corpus di italiano parlato TIGR (Università della Svizzera italiana, 2020-2024, sussidio del Fondo Nazionale Svizzero no. 192771). L'articolo, che riprende parte dei risultati empirici presentati in breve in Miecznikowski, Battaglia & Geddo (2021), è il risultato del lavoro collettivo e del confronto costante degli autori: Johanna Miecznikowski è direttamente responsabile dei paragrafi 1, 2.3, 3.2.1, 3.2.2, 4.1 e 5, Elena Battaglia dei paragrafi 2.1, 3.1, 3.3, 4.3 e Christian Geddo dei paragrafi 2.2, 3.2.3 e 4.2.

2 Su dice come marca evidenziale si vedano Calaresu (2004: 39-42) e Cruschina (2015).

3 Convenzioni di trascrizione specifiche: >> = azione iniziata prima rispetto all'estratto di trascrizione; *_* = inizio e fine di un'azione/un evento multimodale nella trascrizione del parlato; *xxx--->* = descrizione di un'azione/un evento multimodale secondo i suoi confini temporali; caro = partecipante che compie un'azione multimodale; amb = suoni ambientali pertinenti.